Tematiche

Bullismo

 

BULLISMO

 

La parola bullismo deriva dall’inglese “bullying”, termine coniato negli anni ‘70 dallo psicologo svedese Dan Olweus per indicare quei fenomeni di prepotenze tra pari che egli ha individuato conducendo ricerche pionieristiche sulla violenza scolare. Inoltre, la prima definizione di bullismo si deve proprio ad Olweus: “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni” (Olweus, 1993; pp. 11-12).

Per poter individuare il fenomeno, occorre dunque considerare l’insieme congiunto dei fattori che permettono di differenziarlo dagli altri atti di violenza. Il primo criterio è costituito dall’ intenzionalità da parte del bullo, ovvero la volontà di procurare un danno (fisico o psicologico) alla vittima. In secondo luogo, si può parlare di bullismo solamente se si assiste ad una ripetizione sistematica dei comportamenti ostili (non basta dunque un episodio isolato). Infine, l’ultimo criterio si riferisce alla natura asimmetrica della relazione tra bullo e vittima con uno squilibrio di potere a vantaggio del primo.

Inoltre, è necessario tenere presente che il bullismo è un fenomeno relazionale: è proprio all’interno del gruppo che questi atti si alimentano e si protraggono nel tempo. Infatti, come evidenziato da Salmivalli e colleghi (1996), il bullismo non è riducibile solamente alla diade bullo-vittima, ma coinvolge tutti i membri di un gruppo. Nello specifico, sono stati identificati sei ruoli: il bullo (colui che prevarica); l’aiutante del bullo (colui che aiuta materialmente il primo nelle prevaricazioni); il sostenitore del bullo o “bullo passivo” (che non partecipa in modo attivo alle prepotenze ma mostra approvazione); la vittima (colui che subisce le prepotenze in maniera “passiva” o “provocatrice”), il difensore della vittima (colui che si schiera a favore di chi subisce le prepotenze) ed infine l’esterno (colui che non prende alcuna posizione per paura di ritorsioni o per semplice indifferenza). 

In Italia nel 2019 quasi il 50% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni sono stati vittima di bullismo (44,9% per le ragazze che sale al 46,5% per i maschi). Importanti sono anche le conseguenze che possono insorgere sia nel bullo che nella vittima. Da una parte i comportamenti del primo possono sfociare in un disturbo antisociale, dall’altra le violenze subite possono scatenare una cascata di conseguenze nella vittima: stress emotivo nell’affrontare la situazione, insorgenza di disturbi quali ansia e depressione, tendenze autolesioniste (e, nei casi peggiori, suicide), calo del rendimento scolastico e conseguenze anche in età adulta.

 

CYBERBULLISMO

 

Il cyberbullismo è definito come un atto aggressivo, intenzionale e ripetuto nel tempo condotto da un individuo o un gruppo utilizzando vari mezzi di comunicazione elettronici, a discapito una vittima che non può facilmente difendersi (Smith, P. K., del Barrio, C., & Tokunaga, R. S., 2013).

La moderna rete informatica mette a disposizione strumenti di facile accesso (come i social network, le chat) che permettono da un lato di garantire l’anonimato ma dall’altro di entrare in contatto con un pubblico più vasto (ovvero il Web).

Questo duplice aspetto consente al cyberbullo di compiere atti di prevaricazione, tenendo costantemente sotto controllo le informazioni personali delle sue vittime, senza doversi preoccupare di essere rintracciato. Al contrario, la vittima può avere delle difficoltà a prendere le distanze dall'ambiente informatico, non sempre è in grado di identificare il suo aggressore e talvolta non conosce i rischi sottostanti la condivisione delle informazioni personali su Internet (Casas, Del Rey, Ortega-Ruiz, 2013; Smith, P. K., del Barrio, C., & Tokunaga, R. S., 2013. Definitions of bullying and cyberbullying: How useful are the terms. Principles of cyberbullying research: Definitions, measures and methodology, 26-45; Casas, J. A., Del Rey, R., & Ortega-Ruiz, R. (2013). Bullying and cyberbullying: Convergent and divergent predictor variables. Computers in Human Behavior, 29(3), 580-587).

A differenza di quanto accade nel bullismo, dove gli atti di prevaricazione si verificano prevalentemente all’interno del contesto scolastico, nel cyberbullismo la vittima può essere costantemente messa sotto pressione da messaggi o e-mail indipendentemente dal luogo in cui si trova, e questo rende la sua posizione molto più difficile da gestire e tollerare (Tokunaga, 2010).

Un’altra differenza principale che distingue il bullismo dal cyberbullismo è la mancanza di una vera e propria disparità tra bullo e vittima. Essendo la violenza perpetrata online il bullo, come già citato, non è riconoscibile da parte della vittima, ciò permette a chiunque di trasformarsi in cyberbullo indipendentemente dalla differenza di potere o di forza con la vittima. Non è raro infatti che una vittima di bullismo possa diventare un bullo in rete.

Inoltre, il bullismo digitale può assumere diverse manifestazioni a seconda dei mezzi utilizzati dal cyberbullo e delle modalità con cui viene attuato. Nello specifico, Willard (2004) categorizza ben otto tipologie di comportamento prevaricatorio: il flaming (ovvero inviare, tramite gruppi on-line o e-mail, messaggi volgari e aggressivi rivolti ad una persona); l’on-line harassment (che consiste nell’inviare ripetutamente insulti e offese ad una persona attraverso messaggi in tempo reale); il cyber-stalking (attuato attraverso l’invio ripetitivo di minacce rivolte ad una persona); la denigration (pubblicazione di pettegolezzi e dicerie sulla vittima per danneggiarne la reputazione); il masquerade (ovvero l’appropriazione dell’identità della vittima per attaccare la sua reputazione); l’outing (rivelare informazioni personali e riservate della vittima); l’exclusion (ovvero l’esclusione intenzionale di un soggetto da un gruppo on-line) e infine il trickery (che consiste nell’ingannare o defraudare intenzionalmente la vittima).

In italia il fenomeno del cyberbullismo sembra interessare soprattutto le femmine (12,4%) con un leggero calo nelle vittime maschili (10,4%). Preoccupante è anche il fenomeno dell’adescamento online che risulta essere la paura maggiore per le ragazze (28,4%) che può portare la vittima a sperimentare vissuti di ansia, malessere (anche fisico) e bassa autostima. Queste, se non trattate opportunamente, possono protrarsi fino in età adulta.

 

COSA FACCIAMO AD ÀNTES

 

  • Prevenzione di atti di prevaricazione attraverso percorsi nelle scuole del territorio
  • Incontri informativi per genitori di scuole elementari, medie e superiori
  • Interventi mirati su classi in cui si sono verificati atti di bullismo attraverso progetti creati ad hoc per rispondere al bisogno specifico
  • Laboratori esperienziali per potenziare le life skills e diminuire il rischio di agiti prevaricanti
  • Progetti di promozione del benessere e prevenzione della violenza (Le ali della legalità)

 

Per informazioni

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tel 3384664679

 

Davide Giagnorio

 

sitografia:

Tuttoscuola.com

State of Mind - il giornale delle scienze psicologiche

ADHD

 

L’ADHD è disturbo evolutivo dell’autoregolazione del comportamento che si manifesta soprattutto con difficoltà di mantenimento dell’attenzione, del controllo motorio e delle risposte impulsive. 

I tre nuclei dell’ADHD sono:

  1. Disattenzione: Difficoltà Scolastiche
  2. Iperattività: Problemi Interpersonali
  3. Impulsività: Difficoltà Emotive

Come riconoscerlo?

  • Sintomi di disattenzione
    • Avere la testa tra le nuvole (anche senza stimoli esterni distraenti) 
    • Scarsa attenzione ai dettagli ed errori di distrazione 
    • Difficoltà nel restare concentrati a lungo 
    • Difficoltà a concludere le attività e a seguire le istruzioni 
    • Difficoltà nell’impegnarsi in compiti che richiedono sforzo cognitivo prolungato (es: testi) 
    • Difficoltà organizzative (es. gestione dei materiali, diario)
  • Sintomi di iperattività
    • Difficoltà a restare seduti: agitarsi sulla sedia, muovere mani e piedi, giocare con piccoli oggetti 
    • Correre e arrampicarsi in contesti in cui non è appropriato 
    • Difficoltà ad impegnarsi in attività tranquille
    • Irrequietezza motoria
    • Parlare eccessivamente
  • Sintomi di impulsività
    • Difficoltà ad attendere il proprio turno (giochi, conversazioni, fila...) 
    • Sparare le risposte a caso prima che venga completata la domanda 
    • Interrompere gli altri, comportarsi in modo invadente e non adeguato 
    • Utilizzare oggetti altrui senza chiedere il permesso

       

Cosa fare? Quali scelte terapeutiche?

Pertanto, è di fondamentale importanza pervenire ad una diagnosi precoce del disturbo, così da poter attuare tempestivamente interventi terapeutici mirati.

Questi devono adattarsi alle caratteristiche individuali di ogni singolo bambino e consentire di migliorare l’autoregolazione del comportamento e il livello di attenzione, aumentando a cascata anche il suo livello di motivazione e autostima

È importante anche fare un lavoro con i genitori per aiutarli a mettere in atto comportamenti e strategia facilitanti il percorso fatto dal figlio.

Nell’ambito dell’ADHD Àntes offre:

  • Valutazione diagnostica
  • Interventi specifici sul bambino (apprendimento di tecniche di gestione del comportamento e insegnamento di appositi programmi psicoeducativi)
  • Supporto alla famiglia ed interventi finalizzati al miglioramento delle relazioni del bambino con il proprio ambiente familiare
  • Supporto agli insegnanti e raccordo scuola-famiglia
  • Laboratori educativi

 

Per informazioni

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